lunedì 14 settembre 2009

È fascismo. Ormai ci siamo.


L'Italia del ventennio fascista? Nel ricordo degli anziani e nelle descrizioni dei mezzi di comunicazione di massa dell'epoca era un Paese quasi perfetto, un'isola felice senza disoccupazione e senza criminalità, dove per di più - miracolo - i treni arrivavano sempre in orario. Si trattava della prova di un'efficienza amministrativa mai più raggiunta da allora o di una visione artefatta, 'suggerita' dall'alto a cronisti compiacenti o timorosi? La grande mole di 'veline', cioè di direttive ora insinuanti ora minacciose rivolte dai gerarchi e in molti casi da Benito Mussolini in persona agli operatori dell'informazione affinché dessero versioni edulcorate o manipolate ad arte degli eventi sembra suggerire proprio questo (illuminante il libro “Le veline del duce”, Sperling e Kupfer, 2004). Nei preziosi documenti usciti fuori dagli archivi di tutte le maggiori testate giornalistiche il regime detta la linea proprio su tutto, dalla censura rigidissima su scioperi, manifestazioni o malcontenti (vi ricorda niente?) all'alimentazione, allo sport, alla politica estera, alla cronaca nera, perfino sulla lunghezza delle gonne delle donne. Ecco un esempio: “Si ricorda che i furti fanno parte della cronaca nera, che deve essere limitatissima e pubblicata, anche nei casi di maggior mole, con nessun rilievo. (29 agosto 1942)” che tradotto nell’Italia dove regna la telecrazia del nanetto brianzolo (speriamo torni presto o tardi in un giardino) suona più o meno così “Si ricorda che le notizie di propaganda di regime devono essere affidati a lacché di consolidata fede, che si prestino ad infangare il mestiere di giornalista per compiacere il padrone”. E domani sera non va in onda Ballarò, mentre in prima serata Bruno Vespa conduce un puntata speciale di Porta a Porta sulla consegna delle nuove case in Abruzzo.

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